Scritti di S. Francesco – Lettera ad un Ministro

La lettera ad un ministro ( FF. 234 ) , un provinciale imprecisato o forse lo stesso ministro generale frate Elia, fu scritta probabilmente fra il 1222 e il 1223, anche se c’è chi preferisce farla risalire al 1219. Benché sia stata presumibilmente dettata in volgare è pervenuta a noi in latino come tutti gli altri scritti di san Francesco d’Assisi (ad eccezione del Cantico delle creature). Come tutti gli altri scritti d’altronde fu riconvertita in volgare fin dal ‘500. Si tratta di una risposta alle rimostranze che il ministro in questione aveva evidentemente fatto a riguardo di altri frati che gli erano “di impedimento nell’amare il Signore Iddio”. La risposta di Francesco non si limita a dire che quegli ostacoli sono da “ritenere come una grazia”, ma che non bisogna “esigere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te. E in questo amali, e non pretendere che diventino cristiani migliori”. Solo così sarà vera obbedienza, sarà amore vero. Al Signore Iddio, e a Francesco stesso.
“A frate N … ministro. Il Signore ti benedica!

lo ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, c.., quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri, anche  se  ti coprissero di battiture,  tutto  questo  devi  ritenere   come una grazia. E così tu devi volere e non diversamente. E questo tieni in conto di vera obbedienza da parte del Signore Iddio e mia per te, perché io fermamente riconosco che questa è vera obbedienza. E ama coloro che agiscono con te in questo modo, e non esigere da loro altro se non ciò che il Signore darà a te. E in questo amali e non pretendere che diventino cristiani migliori. E questo sia per te più che stare appartato in un eremo.

E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al Mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli. E avvisa i guardiani, quando potrai, che tu sei deciso a fare così.”

Riguardo poi a tutti i capitoli della Regola che trattano dei peccati mortali, con l’aiuto del Signore, nel Capitolo diPentecoste, raccolto il consiglio dei frati, ne faremo un Capitolo solo in questa forma:Se qualcuno dei frati, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente, sia tenuto per obbedienza a ricorrere al suo guardiano, e tutti i frati, che fossero a conoscenza del peccato di lui, non gli facciano vergogna né dicano male di lui, ma ne abbiano grande misericordia e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati . E sempre per obbedienza siamo tenuti a mandarlo con un compagno dal suo custode. Lo stesso custode poi provveda misericordiosamente a lui, come vorrebbe si provvedesse a lui medesimo, se si trovasse in un caso simile.

E se fosse caduto in qualche peccato veniale, si confessi ad un fratello sacerdote. E se in quel luogo non ci fosse un sacerdote, si confessi ad un suo fratello, fino a che possa trovare un sacerdote che lo assolva canonicamente, come è stato detto. E questi non abbiano potere di imporre altra penitenza all’infuori di questa: “Va’ e non peccare più!” Questo scritto tienilo con te, affinché sia meglio osservato, fino al capitolo di Pentecoste; là sarai presente con i tuoi frati. E queste e tutte le altre cose, che sono ancora poco chiare nella Regola, sarà vostra cura di completarle, con l’aiuto del Signore Iddio.

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