BEATA MADRE SPERANZA

CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Diocesi di Orvieto – Todi

Causa di beatificazione e canonizzazione
della Serva di Dio
MADRE SPERANZA DI GESU’(al secolo: Maria Josefa Alhama Valera)
FONDATRICE DELLE CONGREGAZIONI
DELLE ANCELLE E DEI FIGLI DELL’AMORE MISERICORDIOSO
(1893 -1983)DECRETO RIGUARDANTE LE VIRTU’ “Andate ed imparate cosa significhi: misericordia io voglio” (Mt. 9,13)

Il Signore Gesù con il suo insegnamento e soprattutto con il suo mistero pasquale ha rivelato al mondo che il Padre, ricco di misericordia (cf. Ef. 2,4), ci ha amati e ci ha fatti rivivere nella morte e risurrezione del Figlio. Lo stesso Cristo ha affidato alla sua Chiesa la missione di rendere testimonianza alla misericordia di Dio, professandola come verità salvifica di fede e cercando di introdurla e di incarnarla nella vita dei suoi fedeli (cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Dives in misericordia, inizio Cap. VII).

Tra i figli della Chiesa che , nel nostro tempo, hanno maggiormente professato e proclamato con la santità della vita e delle opere la divina misericordia va certamente annoverata la Serva di Dio Speranza di Gesù, la quale ebbe la sua vera scuola di vita nella Croce, e in Gesù Amore Misericordioso il suo personale maestro. Questa umile e ardente testimone della carità di Dio visse con lo sguardo inchiodato al Crocifisso e, bevendo alla fonte d’acqua viva di quel Cuore trafitto, ne assimilò i sentimenti: “qui – come ella confessò – ho imparato ad amare”.

Primogenita di nove fratelli, Madre Speranza di Gesù nacque a Santomera, nella diocesi di Cartagena in Spagna, il 29 settembre 1893, da Giuseppe Antonio Alhama Palma e María del Carmen Valera Buitrago. Trascorse i primi anni nella sua poverissima famiglia. All’età di sei o sette anni fu accolta nella casa del parroco, dove ricevette un po’ di istruzione e imparò a seguire con generosità le vie di Dio. Infatti, manifestò un forte amore a Gesù Eucaristia e il desiderio di consacrarsi al Signore.

Il 15 ottobre 1914, festa di Santa Teresa di Gesù, con il proposito di diventare come lei una grande santa, entrò nell’Istituto delle Figlie del Calvario, che nel 1921, per motivi di sopravvivenza, si fuse con la Congregazione delle Religiose di Maria Immacolata, Missionarie Claretiane. Fedele alla grazia di Dio, coltivò la sua formazione umana e spirituale e, facendo una continua e sofferta opera di discernimento, avanzò in mezzo a molte tribolazioni fisiche e morali, che l’aiutarono a capire che Dio la chiamava a fondare due nuovi istituti di vita consacrata con la missione di far conoscere Dio “non come Padre sdegnato per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre buono che cerca con ogni mezzo di confortare, aiutare e far felici i propri figli; che li segue e li cerca con amore instancabile, come se non potesse essere felici senza di loro”. Così all’Amore Misericordioso Madre Speranza di Gesù consacrò sia la sua vita sia la Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, fondata a Madrid la notte del natale 1930, sia la Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso, fondata a Roma nell’agosto del 1951. Questi due Istituti, ormai di diritto pontificio, costituiscono una rigogliosa Famiglia religiosa, formata da Fratelli e Sorelle, in sei distinte modalità di appartenenza. Questi, con lo stesso carisma, hanno il compito di testimoniare ed annunciare al mondo l’Amore Misericordioso, aiutandosi mutuamente nella reciproca santificazione.

La Serva di Dio, che fin dal 1936 si era trasferita a Roma, nel 1951 con i suoi figli e le sue figlie si stabilì definitivamente nel piccolo paese di Collevalenza, in diocesi di Todi, dove costruì per la gloria di Dio un magnifico Santuario dedicato all’Amore Misericordioso, consacrato nel 1965 alla presenza di numerosi Padri Conciliari.

Accanto al Santuario Madre Speranza di Gesù consumò la sua vita, testimoniando l’Amore Misericordioso di Gesù per ogni uomo. Piena di zelo per il Regno di Dio e la salvezza delle anime, riceveva, uno per uno, i molti pellegrini, ascoltandoli, consigliandoli e consolandoli. La sua missione quotidiana – come ella stessa ha scritto – fu di annunciare a tutti che “anche l’uomo più perverso, il più miserabile ed abbandonato, è amato da Gesù con tenerezza immensa. Gesù è per lui un padre e una tenera madre”. Nonostante la venerazione goduta presso il popolo di Dio, Madre Speranza di Gesù si sentì sempre un umile strumento nelle mani del Signore, una semplice discepola del divino Maestro, desiderosa di ascoltare la sua parola e di vivere secondo il suo insegnamento e il suo esempio. Meditando e vivendo l’amore infinito di Dio, imparò a rinnegare se stessa, ad amare la croce, a dominare il suo carattere energico e – come disse ella stessa – a farsi usare “come un scopa che non si lamenta, non protesta e silenziosa lascia che la usino per una cosa o per l’altra”.

Donna di solidissima fede, si fece condurre dalla volontà di Dio, alla quale aderì con la mente, con il cuore e con la vita. Osservò diligentemente le leggi di Dio e della Chiesa ed aspirò continuamente alla santità, facendo buon uso dei numerosi talenti ricevuti dall’alto ed evitando ogni forma di peccato e di imperfezione. Coltivò l’intima unione con Dio mediante la meditazione delle Sacre Scritture e delle verità eterne, la Liturgia, la fervente pietà eucaristica e mariana e l’assidua preghiera. Lo Spirito Santo la condusse agli alti gradi della contemplazione e l’arricchì di speciali carismi, che ella usò con semplicità per il bene delle anime. Il suo suore viveva nel cielo, ma i suoi piedi erano sulla terra. Partecipò alla vita della Chiesa ed ebbe un attaccamento filiale alla Santa Sede e al Sommo Pontefice. Nel 1981 il Signore le concesse la grazia di ricevere, a Collevalenza, la visita di Sua Santità Giovanni Paolo II.

Sapeva su chi aveva fondato la sua speranza: in Dio-Amore. Per questo non confidò nelle sue forze, ma nella bontà e nella provvidenza di Dio e, con serenità e pace interiore, superò contrarietà, dolori, sofferenze ed umiliazioni. Soprattutto in queste circostanze fu testimone convinta e credibile del suo nome profetico: Speranza di Gesù.

Dal suo rapporto intimo, sponsale e mistico con Dio, ne scaturì una carità appassionata, che la portò ad avere attenzioni e premure di madre verso i più poveri e a non fare distinzioni tra povero e ricco, parenti ed estranei, amici o nemici. Considerò i nemici i suoi più grandi benefattori tanto che mai cercò di difendere se stessa e, nonostante le umiliazioni e le calunnie, non accusò nessuno. Amò e servì con grande carità le sue figlie e i suoi figli spirituali, i sacerdoti, i malati, gli indigenti e quanti ricorrevano a lei. Guidata dalla luce dello Spirito e dalla prudenza soprannaturale, sapeva correggere, ammonire ed esortare secondo le necessità di ciascuno, manifestando sempre un cuore materno e giusto, tenero e forte, esigente e paziente. Non pensò mai, né per sé né per gli altri, ad una vita senza contrarietà e difficoltà. Poiché si fidava pienamente della bontà di Dio, accoglieva dalle sue mani ogni genere di croce e tutto usava come strumento di purificazione e di espiazione e come occasione per unirsi alle sofferenze del Redentore, Uomo dei Dolori.

Si donò al Signore in modo verginale; fu obbediente ai pastori della Chiesa, ai superiori ed ai suoi direttori spirituali. Nata povera, visse povera e si chinò sui poveri, nei quali scorgeva il volto sofferente di Cristo. Compì con semplicità le opere di misericordia corporali e spirituali e, con dolcezza e fermezza, difese la dignità dell’uomo, quale che fosse la sua condizione. Schiva dagli onori, lavorò con umiltà alla costruzione del regno di Dio e all’avvento della civiltà dell’Amore, della misericordia, del perdono e della pace.

La vita di Madre Speranza di Gesù fu segnata da diverse malattie da cui spesso guariva, anche a detta dei medici, in modo improvviso e sorprendente. La malattia che la condusse alla morte durò solo quattro giorni. La sera precedente del suo manifestarsi, la Serva di Dio disse al direttore spirituale: “Figlio, io me ne vado”. Con serenità e gioia si preparò all’incontro definitivo con il Signore, che la chiamò a sé l’8 febbraio 1983. Santamente visse, santamente morì. La sua salma ora riposa nella cripta del Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, circondata dalla venerazione dei Figli e delle Figlie spirituali e dei numerosi pellegrini, provenienti da ogni parte del mondo.

La fama di santità e di miracoli, goduta in vita dalla Serva di Dio, continuò anche dopo la sua morte, per cui il Vescovo di Orvieto-Todi, Mons. Decio Lucio Grandoni, iniziò la Causa di beatificazione e canonizzazione con la celebrazione della Inchiesta diocesana (!988 – 1990), la cui validità giuridica è stata riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con Decreto del 12 giugno 1992. Preparata la Positio, si discusse secondo le norme se la Serva di Dio avesse esercitato in grado eroico le virtù. L’11 gennaio 2002 si è tenuto con esito positivo il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. Infine i Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 5 febbraio successivo, dopo aver ascoltato la relazione della Causa fatta dal Ponente Ecc.mo Giuseppe Sebastiano Laboa, Arcivescovo titolare di Zarai, hanno riconosciuto che Madre Speranza di Gesù ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse.

Dopo che il sottoscritto Cardinale Prefetto ha fatto di tutte queste informazioni una accurata relazione al Sommo Pontefice Giovanni Paolo II°, Sua Santità ha accolto e ratificato le istanze della Congregazione per le Cause dei Santi e ha dato ordine di compilare il Decreto sulle virtù eroiche della Serva di Dio.

Eseguito il mandato secondo le norme, avendo convocato alla Sua presenza nel giorno stabilito il Cardinale Prefetto, il Ponente della Causa e me, Arcivescovo Segretario della Congregazione, insieme alle altre persone che di norma vengono convocate, alla loro presenza, il Beatissimo Padre ha dichiarato:

“E’ provato che la Serva di Dio Madre Speranza di Gesù
(al secolo: Maria Josefa Alhama Valera),
Fondatrice delle Congregazioni
delle Ancelle dell’Amore Misericordioso e dei Figli dell’Amore Misericordioso,
ha esercitato in grado eroico
le virtù teologali
della Fede, della Speranza, della Carità verso Dio e verso il prossimo
e le virtù cardinali
Prudenza, Giustizia, Temperanza e Fortezza
e le virtù con queste annesse”.

Pertanto il Sommo Pontefice ha disposto che il presente decreto sia reso pubblico e trascritto negli Atti della Congregazione delle Cause dei Santi.

Dato a Roma, il 23 aprile dell’anno del Signore 2002

JOSEPHUS Card. SARAIVA MARTINS
Praefectus
L. E S.

 = EDUARDUS NOWAK
Archiep. tit. Lunensis
a Secretis

Madre Speranza di Gesù, al secolo María Josefa Alhama Valera, nacque a Santomera, nella provincia di Murcia, in Spagna, il 30 settembre 1893, primogenita dei nove figli di una famiglia di contadini. A dodici anni ricevette l’ispirazione di diffondere la devozione all’Amore Misericordioso di Gesù. Dopo un’esperienza di consacrata tra le Missionarie Claretiane, fondò a Madrid, la notte di Natale del 1930, la congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, dedite all’accoglienza e all’educazione dei bambini poveri e degli orfani, nonché alla cura degli anziani e dei malati. Nel 1936 si trasferì a Roma, dove rimase per quindici anni. Nel 1951 si arrivò a Collevalenza, in provincia di Perugia e diocesi di Orvieto-Todi, dove fondò la congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso. Si spense a l’8 febbraio 1983, a ottantanove anni. È stata beatificata a Collevalenza il 31 maggio 2014. I suoi resti mortali sono venerati nella cripta del Santuario dell’Amore Misericordioso, fatto costruire da lei a Collevalenza. La sua memoria liturgica cade l’8 febbraio, giorno della sua nascita al Cielo.

Crebbe nella povertà della famiglia, ma si dimostrò molto intelligente. Questo suscitò il suggerimento di un vicino di casa, o per meglio dire della baracca in cui abitava, di affidarla al parroco di Santomera, don Manuel Aliaga: i genitori acconsentirono.
Maria Josefa andò quindi a stare dal parroco che viveva con le proprie due sorelle. Lì ricevette un po’ d’istruzione senza frequentare nessuna scuola e imparò i lavori domestici. Rimase con loro fino ai 21 anni, nel 1914, quando partì per farsi religiosa.

Tra le suore Figlie del Calvario, poi tra le Missionarie Claretiane
Fece una prima esperienza in un istituto di suore addette agli ammalati, ma non ebbe esito positivo. In seguito, su consiglio del vescovo di Murcia, entrò tra le Figlie del Calvario, un Istituto di semiclausura, fondato nel 1863. Il 15 agosto 1916 professò i voti religiosi, assumendo il nome di suor Speranza di Gesù Agonizzante.
L’Istituto, tuttavia, presentava incerte prospettive per il futuro: a parte suor Speranza, le altre sette religiose erano tutte anziane. Perciò, nel 1921, si decise per una fusione con le religiose dell’Immacolata o Missionarie Claretiane, fondate nel 1855 da sant’Antonio Maria Claret, anch’esse dedite all’educazione cristiana.
Dopo un corso di Esercizi Spirituali, il 19 novembre 1921, cinque suore emisero i voti perpetui. Fra di esse, suor Speranza di Gesù Agonizzante, che divenne suor Speranza di San Giacomo. Trascorse in questa Congregazione nove intensi anni, svolgendo diverse mansioni: fu sacrestana, portinaia, economa, assistente delle bambine.
In quegli anni si accentuarono in lei fenomeni non comuni, che attiravano l’attenzione delle consorelle e di personalità spagnole ed estere. Per questa ragione, fu affidata alla guida dei più noti direttori spirituali dell’epoca.

La devozione all’Amore Misericordioso
Sin da quando aveva dodici anni ebbe in visione santa Teresa del Bambino Gesù, che l’esortava a diffondere nel mondo la devozione all’Amore Misericordioso, a cui santa Teresa stessa si era offerta vittima.
Una volta diventata religiosa, a partire dagli anni ’20 del secolo scorso, suor Speranza collaborò con il domenicano padre Juan González Arintero a diffondere questa devozione. Nei suoi scritti usava lo pseudonimo di “Sulamitis” (in riferimento al Cantico dei Cantici).

Gli inizi di una nuova congregazione   
Trasferita nella casa di Vicalvaro-Madrid dal 30 novembre 1921, nell’anno successivo suor Speranza cominciò ad avere problemi di salute e fu più volte in punto di morte.
Per poter svolgere, senza restrizioni, la sua missione verso i poveri, con l’aiuto di alcuni benefattori, aprì il collegio di “Nuestra Señora de la Esperanza” (Nostra Signora della Speranza) a Madrid in Calle del Pinar, ma poi, alla fine del 1930, consigliata dal suo direttore spirituale, lasciò le Missionarie Claretiane e diede vita a una nuova congregazione.

La nascita delle suore Ancelle dell’Amore Misericordioso
Nel Natale del 1930, nella povertà più assoluta, ebbe inizio in forma privata la fondazione delle suore Ancelle dell’Amore Misericordioso. Madre Speranza di Gesù, come ormai era nota, aprì nel 1931 il primo collegio a Madrid, a cui, con ritmo impressionante, seguirono altre case in diverse regioni della Spagna.
Lei e le compagne, che nel frattempo si erano aggiunte, annunciavano l’Amore Misericordioso attraverso la carità, dedicandosi anche all’assistenza domiciliare dei molti poveri e all’accoglienza di anziani e disabili. Il 6 gennaio 1935 le Ancelle divennero una congregazione di diritto diocesano, con decreto del vescovo di Vitoria.
Nel maggio 1936 madre Speranza si recò a Roma insieme a una insigne benefattrice: aprì una casa, presa in affitto, in via Casilina 222, una zona delle più povere della capitale italiana.

Il martirio incruento di madre Speranza
Negli anni che seguirono, dal 1936 al 1941, mentre in Spagna infuriava la guerra civile, anche madre Speranza visse una sorta di martirio incruento. La sua congregazione trovò infatti l’opposizione di vescovi e sacerdoti spagnoli, che si estese anche fra le stesse suore: alcune giunsero ad accusarla e calunniarla, invocando la sua rimozione da superiora generale.
A partire dal 6 agosto 1940, per tre anni, madre Speranza fu interrogata dal Sant’Uffizio per rispondere sull’ortodossia della dottrina dell’Amore Misericordioso, sulla sua condotta e sulla veridicità e natura dei particolari fenomeni a lei attribuiti.
Il 10 aprile 1941 il Sant’Uffizio accolse la congregazione sotto la sua diretta protezione, lasciando a madre Speranza il titolo di superiora generale e la possibilità di formare le suore, mentre alla Vicaria Generale, venne affidato il governo dell’Istituzione.
Madre Speranza accolse il provvedimento con spirito di sottomissione e ubbidienza, esortando le sue figlie a fare altrettanto. Solo nel Capitolo del 1952 fu nuovamente eletta superiora generale e tale rimase fino al 1976, quando venne nominata madre generale “ad honorem”.

La sua carità durante la seconda guerra mondiale
Libera da responsabilità e scagionata dalle accuse, durante la seconda guerra mondiale, intensificò la diffusione del messaggio dell’Amore Misericordioso. Avviò un laboratorio di cucito per aiutare con i proventi i bisognosi e per accogliere gratuitamente molti bambini poveri.
Accolse i rifugiati politici, nascose nei sotterranei i soldati allo sbando, sfamò chi aveva perso tutto. Infine aprì una nuova mensa, dove giunse ad accogliere oltre mille persone al giorno.

Nascita dei Figli dell’Amore Misericordioso
Il 15 agosto 1951. realizzando una sua speciale ispirazione, avvertita fin dal 1927, madre Speranza fondò la congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso: il loro indirizzo specifico doveva essere quello di sostenere i sacerdoti del clero secolare in spirito di comunione.
Tre giorni dopo, il 18 agosto 1951, madre Speranza si trasferì a Collevalenza, in provincia di Perugia e diocesi di Orvieto-Todi.

Il Santuario dell’Amore Misericordioso a Collevalenza
A Collevalenza ebbe un’ulteriore ispirazione, ovvero far costruire un santuario dedicato all’Amore Misericordioso, come segno tangibile della sua più profonda intuizione spirituale: Dio non è, secondo le sue parole, «un giudice severo ma un Padre pieno di amore e di misericordia che non tiene in conto le debolezze dei suoi figli, le dimentica e le perdona».
Lì madre Speranza accoglieva e riceveva più di cento persone al giorno, ascoltandole una alla volta, consolandole e invitandole ad amare il «buon Gesù», come lo chiamava lei.
Accanto al santuario madre Speranza fece scavare un pozzo, la cui acqua alimenta tuttora una serie di vasche: per questa ragione, Collevalenza divenne famosa alla stregua del Santuario di Nostra Signora di Lourdes.

La morte di madre Speranza e l’avvio della sua causa di beatificazione e canonizzazione
Prima di morire, l’8 febbraio 1983, poté incontrare personalmente il Papa: san Giovanni Paolo II, infatti, si recò il 22 novembre 1981 a visitare il santuario di Collevalenza. Era la sua prima uscita pubblica dopo l’attentato del 13 maggio precedente.
A fronte della fama di santità che già in vita aveva circondato madre Speranza, le congregazioni delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso domandarono l’apertura della sua causa di beatificazione e canonizzazione, per l’accertamento delle virtù eroiche, una volta trascorsi i cinque anni previsti dalle norme canoniche.

La causa fino al decreto sulle virtù eroiche
Il processo diocesano fu quindi aperto nella diocesi di Orvieto-Todi il 24 aprile 1988 e concluso l’11 febbraio 1990. Gli atti del processo diocesano hanno ottenuto la convalida il 12 giugno 1992. Un anno esatto dopo, il 12 giugno 1993, è stata consegnata la “Positio super virtutibus”.
I Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi, l’11 gennaio 2002, si sono espressi all’unanimità sulle virtù eroiche di madre Speranza. Il loro parere positivo è stato confermato, il 5 marzo 2002, dal Congresso dei cardinali e dei vescovi membri della stessa Congregazione.
Quindi, il 23 aprile 2002, san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto che dichiarava Venerabile madre Speranza.

Il miracolo per la beatificazione
La guarigione di Francesco Maria Fossa, un bambino affetto da una intolleranza alimentare multipla alle proteine, a cui era stata fatta bere l’acqua del Santuario dell’Amore Misericordioso, fu presa in esame come potenziale miracolo per ottenere la beatificazione. Il processo diocesano sul miracolo si è svolto dal 25 maggio 2001 al 16 luglio dello stesso anno.
Una prima riunione dei Consultori Medici della Congregazione delle Cause dei Santi non ritenne sufficienti gli atti del processo sull’asserito miracolo, in mancanza di documentazione sufficiente. Quando questa fu presentata, la Consulta Medica si espresse in maggioranza circa l’inspiegabilità scientifica del fatto.
Il 17 novembre 2012 i Consultori Teologi si espressero all’unanimità circa il nesso tra la guarigione del bambino e l’intercessione di madre Speranza. Il 18 luglio 2013, i cardinali e i vescovi della Congregazione confermarono il parere affermativo.
Il 5 luglio 2013, quindi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che confermava la guarigione di Francesco Maria Fossa come miracolosa e ottenuta per intercessione di madre Speranza.

La beatificazione e il culto
La beatificazione si è svolta a Collevalenza il 31 maggio 2014, col rito presieduto dal cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre.
La memoria liturgica della Beata Speranza di Gesù è stata fissata all’8 febbraio, giorno della sua nascita al Cielo. I suoi resti mortali sono venerati nella cripta del Santuario dell’Amore Misericordioso.

La Famiglia dell’Amore Misericordioso oggi
Le Ancelle (distinte in religiose e addette alle attività temporali) e i Figli dell’Amore Misericordioso (religiosi sacerdoti, religiosi fratelli e sacerdoti diocesani aggregati), a cui si sono aggiunti i Laici dell’Amore Misericordioso, portano avanti gli insegnamenti della fondatrice tramite collegi, case d’accoglienza, scuole, laboratori professionali, servizio parrocchiale e nelle case del clero. Pur essendo giuridicamente autonomi le une dagli altri, formano la Famiglia dell’Amore Misericordioso, il cui motto è «Tutto per amore».

PENSIERI DI MADRE SPERANZA

ESTRATTI DAI SUOI SCRITTI 

La carità come distintivo

Vi devo dire che dove non c’è carità con il prossimo non c’è ombra di perfezione, né di santità. La santità, infatti, consiste essenzialmente nell’amare Gesù e questo amore ha come parte essenziale l’amore ai nostri fratelli.
Per sapere se veramente amiamo Gesù dobbiamo soltanto volgere lo sguardo ai fratelli e vedere se concretamente arde per loro nel nostro cuore la carità; così come è questa fiamma tale è il nostro vero amore. La carità deve essere il nostro distintivo e deve portarci ad amare i poveri come noi stessi.
Quanta consolazione ci può venire dal pensiero che in tutti i momenti della nostra vita possiamo servire il Signore nei nostri fratelli!
Evitiamo con cura, ad ogni costo, tutto quello che può indurre gli altri al peccato. Stiamo attenti a non ferire i nostri fratelli e, invece di parlare, con o senza fondamento, dei difetti degli altri, esaminiamoci e vediamo se noi stessi li abbiamo come quelli, o anche più gravi.

Amare senza distinzioni

Tante volte, anime desiderose di progredire nel cammino della propria santificazione, si chiedono quali occasioni si possono presentare per compiere atti di virtù.
Sono tutte le occasioni che ci permettono di fare il bene senza distinzioni, o meglio con preferenza per coloro che ci offendono e ci mortificano, per coloro che sono più antipatici e disgraziati.
Esercitandosi continuamente in ciò che più costa, si arriva a dominare la nostra natura e il nostro cuore impara a superare ogni resistenza.
La carità è tanto più meritoria quanto più è difficile. Meno amabile è la persona che si deve assistere, più ci si santifica amandola, con la sicurezza di amarla solo per Dio; ricordate che la condizione indispensabile per praticare la carità fraterna è saper vedere Gesù nei nostri fratelli.

Le esigenze dell’amore

L’unione con il nostro prossimo deve essere come quella delle membra del corpo che si aiutano scambievolmente nell’agire, nel perfezionarsi, in tutto; essa ci chiede di allontanare da noi tutto ciò che la può ostacolare. In particolare ci chiede di combattere i vizi mediante le virtù contrarie, soprattutto con l’umiltà.
Non bisogna invidiare nessuno; l’amore deve partire dal cuore ed essere manifestato nelle opere. Dobbiamo avere molta stima degli altri e parlarne sempre bene; non riferire ad altri quanto si è udito sul conto loro, tanto più se sono cose che li possono amareggiare. Usare sempre parole buone che favoriscano la carità; guardarsi dalle parole pungenti che possono ferire; astenersi dall’ostinazione, dal contraddire, dal riprendere quando non è opportuno.
Non basta compiere opere buone, ma bisogna compierle in modo che esprimano la nostra buona volontà.
Quando si verificasse uno screzio con gli altri, non rispondere nello stesso tono, ma dissimulare con umiltà.
Ricordiamo che quando qualcuno ci procura dei dispiaceri, dobbiamo:
tenere ben lontano da noi anche solo il desiderio della vendetta;
far sì che il nostro perdono non consista solamente nel non desiderare il male dell’altro, ma nel procurare che in noi non rimanga alcun residuo di amarezza o di fastidio;
non conservare avversione contro nessuno;
astenerci dai giudizi temerari, tanto più gravi quanto più lo è la cosa di cui in cuor nostro accusiamo l’altro;
non dimentichiamo che i giudizi temerari provengono in primo luogo dalla nostra superbia.

Quali effetti produce la carità nelle nostre anime?

Con la carità l’uomo giunge a possedere in sé il Bene infinito, perché gli si comunica lo stesso Spirito Santo, che è amore sostanziale e che infonde e dilata nel cuore del giusto la carità divina.
Sorprende il cumulo delle virtù morali di cui fa tesoro l’uomo santo; virtù eccellentissime in se stesse e che, possedute in grado soprannaturale, sorpassano per valore tutte le altre virtù a cui può giungere l’uomo.
Quale elevatezza di pensieri si manifesta nell’anima trasfigurata dalla santità, anche se priva di ciò che noi chiamiamo genio e cultura superiore!
Tali conquiste dello spirito non si ottengono mediante la conoscenza scientifica, ma con quella conoscenza più piena che deriva dal rapporto intimo e ineffabile dell’anima con Dio.
Ma non dobbiamo dimenticare che l’appetito dei beni sensibili è veemente in noi, ci abbaglia e ci turba e, quasi nostro malgrado, ci trascina sulla china del piacere, costringendoci a gemere: “Me infelice! Chi mi libererà dalla corruzione di questo corpo mortale? !”.
Il peccatore, diminuito il violento impeto della passione e ritornato alla ragione, sentirà il rimorso, primo testimone della verità. Se poi lascia che la luce della grazia dissipi le nebbie del suo intelletto, allora vedrete quanto diverso sarà il suo modo di pensare e di sentire e come, pentito dei suoi errori, si rammaricherà delle sue insensate pazzie e confesserà di non averne mai tratto una vera gioia, perché solo nell’osservanza dei comandamenti del Signore sta il segreto della vera felicità.
La persona che ama il Signore si sente felice al pensiero che il suo Dio ha dato a se stesso il nome di Padre e di Pastore e che vuol tenere tra le sue braccia proprio le pecorelle più deboli e malate.
Credo che non ci sia un comandamento più dolce di quello della carità, così come sgorga spontaneo dal cuore del nostro Gesù: “Amatevi gli uni gli altri, questo è il mio comandamento…”.
Facciamo del bene a tutti, senza distinguere buoni e cattivi, amici e nemici, parenti o estranei.
Facciamo tutto il bene possibile senza mai spegnere in noi il desiderio di fare felici gli altri.
La carità di Gesù non diminuisce mai, non dice mai basta e non fa distinzioni tra amico e nemico: tutti ama e per tutti muore.

http://www.collevalenza.it/Default.asp

http://gesu.altervista.org/documentazione/MadreSperanzaDiGesu-Collevalenza/Pane-e-sorriso-di-Dio/