SANTA CATERINA DA BOLOGNA

 

SANTA CATERINA DA BOLOGNA,  CLARISSA  FRANCESCANA

Madre Caterina de’ Vigri, morta a Bologna all’età di cinquant’anni il  9 marzo1463, è passata alla storia come santa Caterina da Bologna. La seppellirono lo stesso giorno nella nuda terra, ma fu cavata dalla sepoltura diciotto giorni dopo, trovandola intatta e profumata, solo un po’ schiacciata sul volto e sul naso, che presto miracolosamente si ricomposero. Dopo varie peripezie il suo corpo trovò una posizione soddisfacente che ancor oggi conserva nella sua cappella già dal 1529: incorrotta, senza alcuna maschera, seduta (anche se il cardinal Baronio espulse il termine “ sedens” nella commemorazione del Martirologio romano), visibile a tutti e non sigillata.

Fu canonizzata nel 1712 dopo un lungo e laborioso processo che vide impegnati a vario titolo anche contrapposti il monastero e la città di Bologna.  Non è solo una santa dei tempi passati, ma è una santa ancora oggi fisicamente presente. A Bologna è sufficiente entrare nella chiesa a lei dedicata, chiedere di vedere la cappella della santa e ci si troverà ancora di fronte a lei, a madre Caterina l’abbadessa, che attualmente ti guarda, seduta, vestita con i suoi abiti da clarissa, incurante dei secoli che passano. Il suo corpo è un prodigio perché anche se asciugato dal tempo è ancora intatto.  I suoi resti furono sepolti senza bara come previsto dalla regola del suo Ordine delle Clarisse Francescane.

Gli avvenimenti che fecero seguito al trapasso della Santa, furono descritti da una testimone oculare, la beata Illuminata Bembo, subentrata a Santa Caterina nell’ufficio di badessa del monastero Corpus Domini di Bologna:

Allorché la fossa fu pronta e quando vi calarono il corpo, che non era racchiuso in una bara, esso emanava un profumo d’indescrivibile dolcezza, riempiendo l’aria tutto intorno. Le due sorelle, che erano discese nella tomba, mosse a compassione dal Suo viso bello e radioso, lo coprirono con un panno e posero una rozza tavola alcuni centimetri sopra il corpo, affinché le zolle di terra non la toccassero. Tuttavia la fissarono così goffamente che, quando la fossa fu riempita di terra, il visto ed il corpo furono lo stesso a contatto col terreno. Le sorelle venivano a visitare spesso la tomba, e notavano sempre il dolce odore che la circondava. Giacché non c’erano fiori, né erbe aromatiche accanto alla fossa, ma solo arida terra, esse si convinsero che il profumo proveniva proprio dalla tomba.

Ben presto cominciarono i miracoli, ed alcuni malati gravi, che avevano visitato la tomba, furono guariti. Nel frattempo, le sorelle si erano pentite d’averla seppellita senza bara, e si lamentarono con il loro padre confessore. Egli, uomo di gran senno, chiese cosa intendessero fare per porvi rimedio. Noi rispondemmo: Tirarla fuori, metterla in una bara e riseppellirla. Egli fu sorpreso da una simile richiesta, poiché erano già passati diciotto giorni dalla morte e quindi era certo dello stato di decomposizione del cadavere. Tuttavia, noi gli facemmo notare il dolce profumo, ed egli finalmente diede il permesso. Quando trovammo il corpo e ripulimmo il viso, notammo che era stato schiacciato e sfigurato dal peso della tavola di legno che vi era stata posta di sopra. Inoltre, scavando tre delle sorelle l’avevano danneggiata con la vanga. La ponemmo in una bara, e stavamo per riseppellirla, ma uno strano impulso ci spinse a sistemarla temporaneamente sotto il portale. Fu allora che il naso schiacciato e l’intero viso ripresero gradualmente la loro forma naturale. La defunta divenne di colore bianco, bella, intatta, come se fosse ancora viva, le unghie non erano annerite ed Ella emanava un odore delizioso. Tutte le sorelle erano profondamente agitate; il profumo si diffondeva nella chiesa e nel convento, impregnando le mani che L’avevano toccata, e non sembrava esserci alcuna spiegazione. Dopo essere diventata abbastanza pallida, Ella cominciò a cambiare colore, diventando più rossa, mentre il Suo corpo cominciava ad emettere un sudore piacevolmente profumato. Passando dal pallore ad un colore d’ambra incandescente, Ella trasudava un liquido aromatico che a volte sembrava acqua limpida, ed a volte un miscuglio d’acqua e sangue. Piene di meraviglia e perplessità chiamammo il nostro confessore: la voce si era già sparsa in città ed egli accorse, accompagnato da un colto medico, Maestro Giovanni Marcanova. Essi osservarono da vicino e toccarono il corpo. Per lo spazio di tre mesi dopo la morte, le uscì dal naso uno scodellino di sangue”.

I ripetuti prodigi convinsero le monache a collocare il corpo nella stanza dove cantavano il loro ufficio. Più tardi decisero di costruire una nicchia (davanti all’altare maggiore) dove porre la salma, seduta su un seggio. Al momento di farla sedere, tuttavia,  divenne così rigida da rendere impossibile l’operazione. A quel punto, la Badessa si piegò in ginocchio davanti alla Santa e disse: “Madre Suor Caterina, in virtù di quella Santa obbedienza di cui eravate innamorata in vita, e che tanto raccomandaste alle vostre figlie, vi comando di lasciarvi mettere a sedere sopra la sedia che è stata preparata”. Proferite queste parole il corpo, senza che alcuno lo toccasse, si abbassò da sé, ponendosi a sedere come avrebbe fatto un qualsiasi vivente. Per più di settant’anni, le unghie e i capelli crebbero come quelli di una persona viva ed erano regolarmente tagliati dalle monache addette. Ancora oggi, il corpo della santa trasuda un liquido trasparente che imbeve le vesti; perciò le suore devono cambiarla periodicamente e prendersi cura di lei. Esso rimane intatto, nonostante il colore nero della pelle (dovuto alle lampade ad olio e alle candele accese utilizzate durante i secoli per i vari riti liturgici) seduto sopra un seggio nella chiesa del Corpus Domini a Bologna. A molti di noi sarà capitato, entrando in qualche chiesa, di sostare ammirati davanti a un’urna sontuosa con dentro il corpo di un santo, rivestito con abiti  monacali o paramenti sacri sacerdotali, episcopali o papali. Se in alcuni casi si tratta di manichini di cera contenenti solo ossa, in altri, invece, è il corpo stesso del santo ad essere esposto alla venerazione dei fedeli. Si tratta di salme prodigiosamente intatte che, per la serenità dell’aspetto e la sacralità della figura, generalmente non suscitano turbamento o disagio, ma piuttosto un senso di pace e di venerazione.

Certamente, per chi è lontano dalla fede e dalla prospettiva cristiana, queste bare di cristallo possono apparire come un’ostentazione macabra e di cattivo gusto, ma nella visione cattolica più genuina esse rientrano in quel doveroso culto dei santi che costituisce un dogma di fede, anche se non indispensabile ai fini della propria salvezza eterna. Il concilio di Trento, in merito recitava: “I corpi dei Santi Martiri e altri che ora vivono con Cristo, corpi che erano sue membra e templi dello Spirito Santo, che un giorno risusciteranno nella carne per Lui e saranno glorificati nella vita eterna, possono essere venerati dai credenti. Dio concede molti benefici agli uomini attraverso di loro”.  Nel venerare questi corpi incorrotti dei santi canonizzati, quindi, riconosciamo la gloria di Dio, autore del miracolo, e onoriamo la loro santità che desideriamo di cuore imitare. Ma quale significato teologico occorre attribuire a questa tipologia di miracoli, che si pone tra le più frequenti e documentate nella storia della Chiesa? Molti ricorderanno il passo biblico in cui Dio dice ad Adamo: “Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spini e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;  finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto, polvere sei e in polvere tornerai!”. (Genesi, 3, 17-19). Da questo brano veniamo a sapere che, dopo il peccato originale, Dio punì l’umanità assoggettandola al potere della morte. Prima della caduta dei progenitori, infatti, nel progetto di Dio non vi era posto né per la sofferenza, né per la decadenza del corpo. Tuttavia il Creatore non abbandonò l’uomo in potere del peccato, ma, al contrario, promise (cfr. Genesi 3,15) che il male sarebbe stato vinto e l’uomo risollevato, tramite il Messia Redentore. Per questa ragione i Padri della Chiesa definirono il peccato di Adamo ed Eva una felix culpa(felice colpa). Tali promesse divine si sono realizzate con il sacrificio e la Risurrezione di Gesù, mediante le quali sono stati sconfitti il peccato e la morte e c’è stata donata la grazia dell’adozione filiale, cui seguirà alla fine dei tempi la risurrezione dei nostri corpi.

Dunque, se da un lato le prodigiose conservazioni dei corpi di alcuni santi sono un segno gratuito con cui Dio manifesta la sua gloria e conferma la santità di un particolare soggetto, dall’altro costituiscono un anticipo e una conferma della risurrezione degli eletti alla fine dei tempi. Di contro, sarebbe un errore interpretare il prodigio come una sorta di promozione, nel senso che gli incorrotti sarebbero santi da serie A, e gli altri da serie B. L’arbitrarietà che contraddistingue il fenomeno rientra nei piani imperscrutabili di Dio e non è certamente legata alla grandezza del santo, come dimostra il fatto che questo speciale privilegio non risulti sia stato dato a Santi che hanno onorato la Chiesa, come San Bernardo da Chiaravalle, Sant’Ignazio di Loyola, San Giovanni Battista De La Salle, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, San Luigi Gonzaga, don Bosco, Santa Teresa di Liesieux ecc. A proposito di quest’ultima santa carmelitana, è noto un aneddoto interessante. Quando, sul suo letto di morte, una giovane novizia affermò che la Misericordia Divina avrebbe certamente impedito la corruzione del suo corpo, ella rispose: “Oh no! Non mi auguro questo miracolo, preferisco essere ridotta in polvere che essere preservata come Santa Caterina da Bologna”. Nella sua umiltà, dunque, santa Teresina di Gesù Bambino che da ragazza si era recata in pellegrinaggio a Bologna sulla tomba di Caterina, preferiva subire il destino comune della corruzione, e Dio evidentemente, ha voluto accogliere il suo desiderio.

Comunque un fatto è certo: la popolarità di Caterina, la santa di Bologna, nel corso dei secoli va messa in stretto rapporto con l’eccezionale stato di conservazione del suo corpo, che diventò l’oggetto da mettere in mostra  anche ad onore della città di Bologna. Senza questa particolarità del corpo incorrotto, la Vigri sarebbe una delle tante sante monache di clausura che ricevono un culto liturgico e devozionale all’interno del loro monastero e dell’ordine religioso di appartenenza, ma che non hanno alcun impatto significativo sul mondo esterno.  C’è un legame tra il corpo e l’anima, se il corpo è incorrotto questo poteva significare per i contemporanei di madre Caterina che questa è certamente in cielo e può quindi intercedere non solo per le sue consorelle clarisse ma per tutta la città di Bologna. Questo corpo che non conosce corruzione è il luogo fisico di un incontro tra la Chiesa trionfante in cielo e la Chiesa militante sulla terra. Il corpo di Caterina è percepito come una finestra sul Paradiso. Il corpo incorrotto di Caterina è la più grande consolazione contro la madre di tutte le paure: quella della morte che in Cristo però i veri credenti hanno sconfitto.