Papa Francesco su Europa e migranti

Discorso del Papa Francesco  ai   350 partecipanti alla conferenza (Re)Thinking Europe, “Ripensare l’Europa. Un contributo cristiano al futuro del progetto europeo”, riuniti nell’Aula Nuova del Sinodo. 

 

L’Europa deve poi essere uno spazio inclusivo valorizzando però le differenze. In questa prospettiva i migranti sono una risorsa, più che un peso e non possono essere scartati a proprio piacimento. D’altra parte il Papa ricorda che i governanti devono gestire con prudenza la questione migratoria. Non muri, dunque, ma il processo non può essere senza regole. E da parte loro, anche i migranti devono “rispettare e assimilare la cultura”della nazione che li accoglie.

Adoperarsi per una comunità inclusiva significa edificare uno spazio di solidarietà, non un insieme di “piccoli gruppi di interesse”. Bisogna quindi avere premura per i più deboli e per il sostegno fra generazioni. “A partire dagli Anni Sessanta del secolo scorso è in atto un conflitto generazionale senza precedenti”, nota il Papa. E questo – spiega – “non solo perché in Europa si fanno pochi figli – il nostro inverno demografico – e troppi sono quelli che sono stati privati del diritto di nascere ma anche perché ci si è scoperti incapaci di consegnare ai giovani gli strumenti materiali e culturali per affrontare il futuro”. “L’Europa vive una sorta di deficit di memoria” – sintetizza Francesco – e deve riscoprire il valore del proprio passato per “arricchire il proprio presente e consegnare ai posteri un futuro di speranza”. Tanti giovani, invece, si trovano “smarriti davanti all’assenza di radici e di prospettive”, mentre l’educazione deve coinvolgere tutta la società.

L’Europa è poi chiamata ad essere sorgente di uno sviluppo integrale come lo intendeva il beato Paolo VI. “Serve lavoro e servono condizioni adeguate di lavoro”, ribadisce il Papa. Un esempio possono essere quegli imprenditori cristiani, che nel secolo scorso hanno compreso come il successo delle loro iniziative, dipendesse dall’offrire condizioni degne di lavoro: quelle iniziative sono anche l’antidoto migliore ad una “globalizzazione senz’anima”, che ha creato sacche di sfruttamento e povertà. Spetta ai governi riattivare un circolo virtuoso, che “a partire da investimenti a favore della famiglia e dell’educazione”, consenta lo sviluppo pacifico dell’intera comunità civile.