FEDE E MIRACOLI

FEDE E MIRACOLI

Nel Vangelo di Matteo quando Gesù invia i suoi dice: … “predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.

Giacomo scrive, “C’è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della chiesa ed essi preghino per lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore: la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; se egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati.  Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti;  la preghiera del giusto ha una grande efficacia.” (Giacomo 5:14-16)

Ezechia in 2 Re 20 Era malato, prossimo alla morte. Il profeta Isaia andò da lui e gli disse, “così parla il Signore: ‘Da’ i tuoi ordini alla tua casa; perché tu morirai; non guarirai’. Ezechia però, pregò il Signore, e Dio mandò indietro Isaia a Ezechia con il messaggio, “Ho udito la tua preghiera, ho visto le tue lacrime; ecco, io ti guarisco… Aggiungerò alla tua vita quindici anni.” Il piano di Dio era che Ezechia sarebbe morto, ma la sua preghiera mosse il cuore di Dio.

I miracoli sono gesti con cui Dio ci parla in concreto. Si rivolgono sempre alle persone, o perché le riguardano direttamente, come le guarigioni di malati, o almeno perché recano loro qualche beneficio materiale e spirituale, come accade nella moltiplicazione dei pani e in altre trasformazioni della natura ( la tempesta sedata).  

Umiltà e autorità di Gesù

Gesù   non si serve mai del miracolo per il proprio interesse personale, ad esempio per alleviare la propria fame, sete, stanchezza. Rifiuta le richieste di miracoli spettacolari, che costringano a credere. Proibisce ai malati, che ha risanato, di fare pubblicità. Rimprovera chi con il miracolo vorrebbe punire i recalcitranti e i ribelli, come talvolta era avvenuto nell’Antico Testamento. Non scende dalla croce, quando nell’ora suprema gli avversari lo sfidano con ingiuriosa ironia: «Ha salvato altri, non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo» (Mc 15,31-32).

Gesù come insegna con autorità, così compie i miracoli con autorità, a nome proprio: «Io ti dico» (Mc.5) «Ti ordino» ( Mc. 2 ). Agisce con naturalezza, senza sforzo e senza alcuna preparazione; gli basta una semplice parola. Il risultato è istantaneo, sebbene i casi siano diversissimi: guarigione di lebbrosi, ciechi, sordomuti, paralitici, epilettici; risurrezione di morti; moltiplicazione di pani e pesci, trasformazione dell’acqua in vino, una pesca miracolosa, una tempesta sedata. Alla singolarissima autorità si unisce una sorprendente umanità e tenerezza: a volte interviene senza essere richiesto, per compassione, a volte non esita a infrangere le prescrizioni della legge, guarendo in giorno di sabato o toccando i lebbrosi e i morti.

Significato dei miracoli

I miracoli di Gesù sono strettamente collegati alla sua predicazione. È sempre in cammino, infaticabile, per città e villaggi della Galilea, «predicando la buona novella del Regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo» (Mt 4,23). Affida ai discepoli la stessa duplice missione: «Li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi» (Lc 9,2). Predicazione e miracoli attestano e attuano la nuova venuta salvifica di Dio nella storia. La sua parola converte; la sua parola risana. Il messaggio è centrato sul regno di Dio; i miracoli ne lasciano intravedere la presenza, ne sono i segni trasparenti.

Il loro significato è molteplice. Dio si è fatto vicino in modo nuovo,

per vincere il peccato, la malattia, la morte e ogni forma di male, per dare all’uomo la salvezza integrale, spirituale, corporea, sociale e cosmica, ora come in un anticipo e poi alla fine della storia in pienezza, facendo «nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Gesù è il Messia, «colui che deve venire» (Mt 11,3).

Il popolo, davanti a questi gesti divini è chiamato a credere e convertirsi.

La stessa riluttanza a compiere miracoli, che Gesù manifesta più volte, ha un suo significato. Egli vuole evitare che la gente strumentalizzi Dio ai propri interessi immediati.

Per chi non cerca la comunione con Dio, ma unicamente i suoi benefici, il miracolo diventa fuorviante. Gesù esige almeno una fede iniziale, un’apertura al mistero. Alla folla curiosa e avida di prodigi si sottrae volentieri, appena capita l’occasione favorevole.

Nella Chiesa delle origini i miracoli accompagnano normalmente la diffusione del vangelo e sostengono l’attività missionaria.

Tuttavia non vengono sopravvalutati; rimangono in secondo piano rispetto alla vita nuova, alla santità. Gli stessi miracoli compiuti da Gesù durante la vita pubblica vengono narrati con sorprendente sobrietà. È un indizio di autenticità storica.

Del resto, miracoli nel nome di Gesù avvengono nella storia della Chiesa fino ai nostri giorni, rendendo credibili quelli attribuiti a lui nella sua vita terrena.

Essendo «segni certissimi della divina rivelazione», i miracoli aiutano a credere in modo ragionevole. Lo suggerisce Gesù stesso: «Se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre» ( Gv. 20 ).

Tuttavia non bastano certo i miracoli a produrre la fede: è l’attrazione interiore del Padre che la suscita. Né sono i miracoli gli eventi salvifici principali: il vero pane non è quello moltiplicato, ma quello eucaristico; la vera luce non è quella restituita al cieco nato, ma quella della fede battesimale. I sacramenti, prefigurati dai miracoli, sono una comunicazione di salvezza più alta.

I miracoli, in quanto eventi straordinari, scientificamente inspiegabili, e situati in un contesto cristiano, sono segni della presenza salvifica di Dio nella storia, parte integrante della missione di Cristo e poi di quella della Chiesa.