FRA MATTEO DA BASCIO FONDATORE DEI CAPPUCCINI

 

FRA MATTEO DA BASCIO,

FONDATORE DELL’ORDINE DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI

Di tutti i fondatori dei maggiori ordini religiosi è l’unico che non sia mai diventato santo. Matteo Serafini, nato attorno al 1495 nel villaggio romagnolo di Bascio e da tutti conosciuto come Matteo da Bascio, pur avendo dato vita all’Ordine dei frati Cappuccini – col quale volle ristabilire lo spirito originario del francescanesimo – fu un personaggio controverso e non sempre amato all’interno della Chiesa. E con Venezia ebbe un rapporto particolare tanto che, oltre a esservi sepolto, perfino le pietre ne serbano memoria.

La sua osservazione della regola di assoluta povertà (unita alla vita eremitica e alla predicazione libera) ne fecero fin da subito un personaggio molto popolare: grazie all’intercessione della duchessa Caterina Cybo di Camerino, nipote di Gregorio VII, riuscì a ottenere l’approvazione dell’Ordine (il 3 luglio 1528, con la bolla “Religionis zelus”) e il privilegio di vestire un lungo saio ruvido come quello di Francesco d’Assisi, ma con un cappuccio più lungo e appuntito al quale i Cappuccini devono il loro nome.

Erano anni difficili per l’Ordine francescano, già spaccato fra Conventuali e Spirituali, che in quel secolo si frastagliò in ulteriori diramazioni: Riformati, Scalzi, Recolletti… Molti frati seguirono Matteo da Bascio, e nuovi religiosi ingrossarono ben presto le fila del nuovo Ordine: nel primo capitolo generale, celebrato nell’aprile del 1529 ad Albacina, presso Fabriano, fu eletto primo superiore generale per acclamazione ma ben presto si dimise per tornare alle sue predicazioni.

Nel 1537 accompagnò Ottavio Farnese in Germania e predicò alle truppe di Carlo V durante la guerra. Tornato in Italia fioccarono su di lui le accuse dei Francescani tradizionalisti di voler rievocare il terribile scontro interno all’Ordine dei secoli precedenti. Venezia rappresentava un porto sicuro e Matteo da Bascio vi approdò. Ma anche qui il frate fu irriducibile: un giorno entrò a Palazzo Ducale con una lanterna, durante un processo. Il giudice gli chiese: “Padre, che fate con quel lume?”; e quello: “Cerco la giustizia che sempre manca in questi processi!”. L’intemerata gli costò il bando per due anni a Chioggia; quando tornò, diede ancora in escandescenze per questioni di giustizia e fu solo per l’intercessione di Sebastiano Venier, del quale era amico, che non passò guai peggiori.

Per il popolo era un santo: si diceva che volasse a mezz’aria e che avesse resuscitato un operaio caduto da una impalcatura. Ma il suo miracolo perfetto avvenne a Ca’ Soranzo, nel 1552, quando invitato da un membro della casata che aveva accumulato molte ricchezze a scapito di tanta povera gente, si trovò davanti a una scimmietta addomesticata che alla sua vista scappò terrorizzata. Padre Matteo vide – per grazia divina – che sotto la pelliccia dell’animale si celava nientemeno che il demonio, e gli comandò di rivelarsi.

“Io sono qui per appropriarmi dell’anima di quest’uomo – rispose la scimmia, che iniziò a parlare – che a causa della sua condotta mi appartiene”. La scimmia precisò di non aver ancora proceduto perché l’uomo ricordava ogni sera di pregare prima di andare a dormire. Il cappuccino ingiunse al diavolo di lasciare immediatamente la casa, ma la scimmia spiegò come dall’alto gli fosse stato dato il permesso di non partire senza aver prima causato comunque qualche danno.

“Allora vuol dire che un danno farai – gli intimò padre Matteo –: farai un foro su questo muro, uscendo da qui, e il buco servirà a eterna testimonianza dell’accaduto”. Ancora oggi sulla facciata di Ca’ Soranzo un grande angelo di pietra, che ha dato il nome a tutta la contrada (che è appunto quella “de l’Anzolo”), fa da guardia al foro dal quale uscì il demonio.

Matteo da Bascio morì il 6 agosto 1552 mentre riposava in un angolo del campanile della chiesa di S. Moisè, che gli era stato offerto dal parroco per trascorrervi la notte. Sepolto in una fossa comune fu riesumato il 3 ottobre e da allora il suo corpo riposa a San Francesco della Vigna. Fu avviata un’inchiesta sui presunti miracoli (avvenuti anche intorno al sepolcro), ma il frate non fu mai canonizzato e la riforma cappuccina rimase senza un santo fondatore.