LA POVERTA’ DI S. FRANCESCO

Tommaso da Celano Vita Seconda

 

 

CAPITOLO XXVII

COMINCIA A DEMOLIRE UNA CASA

PRESSO LA PORZIUNCOLA

 

  1. Una volta si doveva tenere il Capitolo presso Santa Maria della Porziuncola. Mentre era imminente il tempo fissato, il popolo di Assisi osservò che non vi era una abitazione adatta e, all’insaputa dell’uomo di Dio, assente in quel periodo, costruì una casa per il Capitolo, nel minor tempo possibile.

Quando il Padre ritornò, guardò con meraviglia quella casa e ne fu molto amareggiato e addolorato. Subito, per primo, si accinse ad abbatterla. Salì sul tetto e con mano vigorosa rovesciò lastre e tegole. Pure ai frati comandò di salire e di togliere del tutto quel mostro contrario alla povertà. Perché, diceva, qualunque cosa troppo vistosa fosse stata tollerata in quel luogo, ben presto si sarebbe diffusa per l’Ordine e sarebbe stata presa come esempio da tutti.

Ed avrebbe demolito dalle fondamenta la casa, se i soldati presenti non si fossero opposti al fervore del suo spirito, dichiarando che apparteneva non ai frati, ma al Comune.

 

CAPITOLO XXVIII

DA UNA CASA DI BOLOGNA

FA USCIRE ANCHE GLI INFERMI

 

  1. Un’altra volta, stava tornando da Verona con l’intenzione di passare per Bologna, quando udì che vi era stata costruita una nuova casa dei frati. Poiché la voce diceva «casa dei frati», egli cambiò direzione e passò altrove non andando a Bologna. Mandò poi a dire ai frati di uscire subito da quella casa. Per questo motivo, lasciato il luogo non vi rimasero neppure i malati, ma furono fatti uscire assieme agli altri.

Né fu dato permesso di ritornarvi sino a quando il Signor Ugolino, allora vescovo di Ostia e Legato in Lombardia, predicando proclamò davanti a tutti che la suddetta casa era sua. Ne è testimone e riferisce il fatto uno che trovandosi ammalato, fu in quella occasione allontanato dalla casa.

 

CAPITOLO XXIX

RIFIUTA DI ENTRARE IN UNA CELLA

CHIAMATA CON IL SUO NOME

 

59 Non voleva che i frati abitassero in alcun luogo per quanto piccolo, se non constava con certezza chi ne fosse il proprietario. Infatti nei suoi figli pretese sempre la condizione di pellegrini, cioè che si raccogliessero sotto tetto altrui, passassero da un luogo all’altro pacificamente e sentissero nostalgia della patria.

Avvenne che nell’eremo di Sarteano un frate chiedesse ad un confratello da dove venisse. «Dalla cella di frate Francesco», rispose. Come l’udi, il Santo disse: «Poiché hai dato alla cella il nome di Francesco, facendola mia proprietà, cerca un altro che vi abiti, perché io non vi rimarrò più». E continuò: «Il Signore, quando rimase nel deserto, dove pregò e digiunò per quaranta giorni, non si fece costruire una cella né casa alcuna, ma dimorò sotto una roccia del monte. Noi lo possiamo seguire, secondo la forma prescritta, non possedendo nulla di proprio, quantunque non ci sia possibile vivere senza l’uso di abitazioni».

 

LA POVERTÀ NELL’ARREDAMENTO

CAPITOLO XXX

 

  1. Questo uomo non solo aborriva il lusso delle case, ma provava pure grande orrore per l’abbondanza e la ricercatezza delle suppellettili. Non vedeva di buon occhio nulla che sapesse di mondanità o nelle mense o nel vasellame. Tutto doveva proclamare quasi in canto il loro stato di esuli e di pellegrini.

 

CAPITOLO XXXI

LA MENSA PREPARATA A GRECCIO NEL GIORNO DI PASQUA:

FRANCESCO SI PRESENTA COME PELLEGRINO

SEGUENDO L’ESEMPIO DI CRISTO

 

  1. Un giorno di Pasqua, nell’eremo di Greccio i frati avevano preparata la mensa in modo più accurato del solito, con tovaglie bianche e bicchieri di vetro. Anche il Padre scende dalla cella per mangiare e vede la mensa rialzata da terra e preparata con inutile ricercatezza. Ma se la mensa ride, egli non sorride affatto.

Di nascosto e adagio adagio ritrae il passo, si pone in testa il cappello di un povero, presente in quel momento, e con un bastone in mano se ne esce fuori. E alla porta aspetta che i frati comincino a mangiare, perché erano soliti non aspettarlo quando non giungeva al segnale fissato.

Hanno appena cominciato e quel vero povero si mette a gridare dalla porta: «Per amore del Signore Iddio, fate l’elemosina a questo pellegrino povero e ammalato».

«Entra pure qui, tu, per amore di colui che hai invocato», gli rispondono i frati.

Entra subito e si presenta ai commensali. Quale stupore dovette destare il pellegrino in quei comodi cittadini!

Gli danno, a sua richiesta, una scodella ed egli, seduto solo per terra, la pone sulla cenere. «Ora sì, – esclama – sto seduto come un frate minore!» E rivolto ai frati: «Gli esempi della povertà del Figlio di Dio devono stimolare noi più degli altri religiosi. Ho visto una mensa preparata con ricercatezza ed ho pensato che non fosse quella di poveri che vanno di porta in porta».

Il seguito del fatto dimostra come Francesco fu simile a quel pellegrino, che nello stesso giornoera solo in Gerusalemme, e nondimeno con le sue parole rese ardente il cuore dei discepoli.

 

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Povertà di fronte alla morte

 

Rifiuta il saio prima di morire per non possedere nulla  ma il guardiano della Porziuncola lo convince così:

 

«Sappi che questa tonaca, i calzoni ed il berretto, io te li do in prestito, per santa obbedienza! E perché ti sia chiaro che non puoi vantare su di essi nessun diritto, ti tolgo ogni potere di cederli ad altri»